Quando si parla di fusioni e acquisizioni (M&A), l’attenzione si concentra spesso sulle valutazioni multimilionarie e sulle strategie di crescita. Tuttavia, dietro i numeri di facciata, esiste un indicatore che pesa in maniera determinante sul prezzo finale di un’operazione: la Posizione Finanziaria Netta (PFN).
Comprendere cos’è, come si calcola e perché incide direttamente sul valore di un’azienda non è solo un compito per analisti e advisor, ma un passaggio cruciale anche per imprenditori e investitori.
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Che cos’è la Posizione Finanziaria Netta
La Posizione finanziaria netta (PFN) rappresenta la differenza tra i debiti finanziari di esdxcc vun’azienda e le sue disponibilità liquide. In pratica, se oggi l’impresa decidesse di saldare tutte le esposizioni finanziarie utilizzando cassa e strumenti prontamente liquidabili, la PFN indicherebbe il debito residuo (PFN negativa) o, al contrario, la liquidità eccedente (PFN positiva).
A livello teorico la formula appare semplice, ma nella realtà operativa il calcolo della Posizione Finanziaria Netta è tutt’altro che banale. Il punto critico sta nel definire con precisione quali poste inserire e quali escludere dal perimetro, poiché ogni scelta ha un impatto diretto sulla negoziazione.
I principali elementi che la compongono sono:
- debiti finanziari: mutui, prestiti bancari, obbligazioni, leasing finanziari (secondo IFRS 16), scoperti di conto;
- disponibilità liquide: cassa, depositi bancari, assegni, strumenti finanziari a breve termine facilmente convertibili in denaro.
Da questa sottrazione deriva il risultato netto: la fotografia immediata della struttura finanziaria di un’azienda.
Il collegamento tra Enterprise Value ed Equity Value
Nel linguaggio delle operazioni di M&A, il punto di partenza è quasi sempre l’Enterprise Value (EV), cioè il valore dell’attività operativa al netto della struttura finanziaria. È il prezzo che riflette quanto vale il business in termini di generazione di cassa.
Ma ciò che interessa realmente al venditore è l’Equity Value, ossia quanto incasserà per le proprie quote. La transizione dall’EV all’Equity Value avviene proprio attraverso la PFN, secondo la formula:
Equity Value = Enterprise Value – Posizione Finanziaria Netta
Se la PFN è negativa, riduce l’ammontare che l’acquirente paga. Se invece è positiva, viene sommata all’EV, aumentando il valore finale.
In altre parole, chi compra si fa carico dei debiti esistenti ma beneficia della cassa già presente. Ogni variazione nella PFN modifica in modo lineare il prezzo, euro su euro.
La Posizione Finanziaria Netta in due diligence è il terreno delle trattative
Nella fase di due diligence, l’analisi della PFN diventa un vero terreno di confronto tra le parti.
Si tratta di interpretare voci che possono essere considerate debt-like items (assimilabili a debito) o cash-like items (assimilabili a cassa).
Alcuni esempi tipici:
- TFR: spesso trattato come debito, in quanto rappresenta un’uscita certa per chi acquisisce.
- Dividendi deliberati ma non ancora pagati: costituiscono una passività che incide sulla PFN.
- Contenziosi legali o fiscali: se probabili e stimabili, vengono richiesti come accantonamenti.
- Debiti scaduti verso fornitori: se cronici, possono essere assimilati a forme di finanziamento.
- Crediti fiscali: se certi ed esigibili, possono migliorare la PFN come elementi “cash-like”.
Ogni posta può diventare oggetto di lunghe discussioni: l’acquirente cercherà di ampliare il perimetro della PFN per ridurre il prezzo, mentre il venditore tenderà a restringerlo.
Non è raro che la negoziazione sulla PFN incida per un 10-20% sul valore finale dell’operazione.
Aggiustamenti al closing: il prezzo che si adatta
Un altro aspetto delicato riguarda la distanza temporale tra la firma del contratto preliminare (signing) e il closing, quando l’azienda passa effettivamente di mano. In questo intervallo, la PFN può variare in base all’operatività quotidiana.
Per evitare sorprese, i contratti prevedono meccanismi di purchase price adjustment: si stabilisce una Posizione Finanziaria Netta di riferimento al signing e la si ricalcola al closing.
Se la situazione è peggiorata (debito maggiore), il prezzo scende; se è migliorata, sale. In questo modo il prezzo finale riflette sempre la fotografia aggiornata della posizione finanziaria.
Un esempio pratico
Un’azienda valutata 10 milioni di euro come Enterprise Value. Dal bilancio emergono 2,5 milioni di debiti finanziari e 300.000 euro di cassa. La PFN iniziale è quindi pari a –2,2 milioni.
Il prezzo base (Equity Value) sarebbe quindi:
10 milioni – 2,2 milioni = 7,8 milioni di euro.
Durante la due diligence emergono ulteriori poste: TFR da includere per 700.000 euro, un contenzioso stimato a 200.000 euro e un bonus management deliberato di 150.000 euro. Vengono però riconosciuti anche 100.000 euro di crediti IVA esigibili.
La PFN finale diventa quindi:
(2,5 mln + 700.000 + 200.000 + 150.000) – (300.000 + 100.000) = 3,15 milioni.
Di conseguenza, l’Equity Value scende a:
10 milioni – 3,15 milioni = 6,85 milioni.
Un solo elemento contabile, rivalutato durante la trattativa, può spostare il prezzo di quasi un milione di euro.
Perché la PFN è un indicatore da non sottovalutare
La Posizione Finanziaria Netta non è un tecnicismo relegato ai bilanci, ma il vero ago della bilancia in un’operazione di acquisizione o vendita. Da come viene calcolata, discussa e negoziata dipende in larga parte il valore finale riconosciuto al venditore.
Per imprenditori e manager che si preparano a un’operazione straordinaria, conoscere in anticipo la posizione finanziaria netta della propria azienda significa arrivare al tavolo delle trattative con maggiore consapevolezza e margini di difesa. Per gli investitori, rappresenta lo strumento chiave per evitare di pagare più del dovuto.
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