Imprese familiari: definizione, funzionamento e caratteristiche delle aziende di famiglia

impresa famigliare

In Italia, gran parte del tessuto imprenditoriale è costruito attorno a un nucleo familiare.

Dalle piccole botteghe artigiane alle grandi aziende tramandate per generazioni, le imprese familiari rappresentano un modello economico fondato sulla fiducia, la continuità e il legame tra persone che condividono non solo un’attività, ma un progetto di vita comune.

Sapere come si muove un’impresa familiare – tra ruoli, diritti e responsabilità – è il primo passo per chi vuole far crescere o proteggere un’attività di famiglia.

Cos’è un’impresa familiare

L’impresa familiare, definita dall’articolo 230-bis del Codice Civile, è una forma di impresa in cui il titolare si avvale della collaborazione continuativa dei propri familiari nello svolgimento dell’attività.

A differenza delle società, non nasce da un contratto tra più soggetti: è l’imprenditore a mantenere la titolarità dell’impresa, ma i familiari che vi collaborano acquisiscono alcuni diritti economici e partecipativi riconosciuti dalla legge.

Si parla di “familiari” in senso ampio. 

Possono partecipare coniuge, unione civile, parenti entro il terzo grado e affini entro il secondo. Tutti possono contribuire al lavoro aziendale e partecipare alla distribuzione degli utili secondo la proporzione stabilita dal titolare.

Nel linguaggio comune, si usa spesso anche il termine azienda a conduzione familiare o ditta familiare, che identificano realtà dove il controllo e la gestione restano in mano alla famiglia, anche se la forma giuridica può variare (ditta individuale, società di persone, società di capitali).

Come funziona un’impresa familiare

Dal punto di vista giuridico, l’impresa familiare non è una società, ma una ditta individuale con collaborazione familiare.

L’imprenditore resta il titolare e risponde personalmente delle obbligazioni dell’impresa, mentre i familiari che vi lavorano hanno diritto a:

  • una parte degli utili proporzionata al lavoro prestato;
  • la partecipazione alle decisioni di gestione rilevanti (es. destinazione degli utili, alienazione dell’azienda, modifiche sostanziali);
  • il diritto di prelazione in caso di cessione dell’attività;
  • la tutela previdenziale e assicurativa come collaboratori familiari iscritti all’INPS.

Questi diritti si acquisiscono solo in presenza di una collaborazione stabile e continuativa, non occasionale o saltuaria.

È inoltre necessario che la partecipazione dei familiari sia formalmente dichiarata all’Agenzia delle Entrate o agli enti previdenziali al momento della costituzione dell’impresa familiare o della successiva comunicazione dell’attività.

Differenze tra impresa familiare, ditta individuale e società familiare

Uno dei dubbi più frequenti riguarda le differenze giuridiche e operative tra questi modelli.

L’impresa familiare si distingue da una ditta individuale perché coinvolge stabilmente altri membri della famiglia, i quali non sono dipendenti, ma collaboratori con diritti economici.

Si differenzia invece da una società familiare perché non nasce da un contratto tra soci, nel senso che i familiari non diventano titolari dell’impresa, ma partecipano al suo andamento sotto la guida dell’imprenditore.

In altre parole, l’impresa familiare è una forma ibrida: mantiene la struttura semplificata dell’impresa individuale, ma introduce elementi di partecipazione collettiva che la rendono più flessibile e più adatta alle piccole e medie realtà.

Chi può far parte dell’impresa familiare

Possono partecipare all’impresa familiare:

  • il coniuge o partner dell’unione civile;
  • i parenti entro il terzo grado (genitori, figli, fratelli, nipoti, zii, cugini);
  • gli affini entro il secondo grado (suoceri, cognati, generi e nuore).

Ognuno di loro può contribuire al lavoro aziendale in base alle proprie competenze, ma il titolare resta l’unico responsabile legale e fiscale.

Questo significa che, pur avendo diritto a una quota degli utili e a voce in capitolo nelle decisioni strategiche, i collaboratori familiari non rispondono dei debiti dell’impresa con il proprio patrimonio personale.

Il ruolo del familiare collaboratore è quindi una forma intermedia tra il dipendente e il socio, in quanto non percepisce uno stipendio fisso, ma partecipa ai risultati dell’impresa e ai rischi economici in proporzione al proprio contributo.

Quando invece l’attività è gestita da entrambi i coniugi, con un apporto equilibrato di lavoro e responsabilità, si parla di impresa coniugale.

Vantaggi dell’impresa familiare

Le imprese familiari rappresentano una parte fondamentale del sistema produttivo italiano, infatti si stima che oltre il 70% delle PMI sia a conduzione familiare.

Questo modello offre diversi vantaggi.

  1. Fiducia e coesione – La condivisione di valori e obiettivi riduce i costi di coordinamento e rafforza la continuità gestionale.
  2. Visione di lungo periodo – Le decisioni vengono prese pensando alla stabilità futura più che al profitto immediato.
  3. Flessibilità e resilienza – La struttura snella consente di reagire più rapidamente alle crisi di mercato.
  4. Trasmissione di competenze – Il know-how si tramanda da una generazione all’altra, creando valore identitario.

Proprio questa trasmissione di competenze porta spesso al tema del passaggio generazionale in azienda, un momento decisivo che richiede pianificazione per garantire la continuità.

Le criticità più comuni

Accanto ai punti di forza, le imprese familiari affrontano anche alcune sfide strutturali.

La principale è la sovrapposizione tra relazioni personali e professionali, che può generare conflitti nella gestione.

Inoltre, la mancanza di una chiara distinzione dei ruoli o l’assenza di una strategia condivisa possono compromettere la crescita dell’attività.

Tra le criticità più frequenti troviamo:

  • difficoltà nella gestione dei ruoli e delle competenze;
  • conflitti tra generazioni sul futuro dell’impresa;
  • problemi di governance e di trasparenza nella distribuzione degli utili;
  • scarsa apertura verso manager esterni o figure professionali specializzate.

Per evitare questi rischi, molti imprenditori e imprenditrici scelgono di regolare i rapporti attraverso strumenti giuridici dedicati come il patto di famiglia o il trust, utile per pianificare in anticipo la successione aziendale senza compromettere l’equilibrio interno.

Durata e scioglimento dell’impresa familiare

L’impresa familiare può estinguersi per volontà del titolare, cessazione dell’attività o recesso dei collaboratori.

In caso di scioglimento, i familiari hanno diritto a una quota di liquidazione proporzionale alla loro partecipazione.

Possono inoltre esercitare il diritto di prelazione nel caso in cui l’azienda venga ceduta o trasformata in altra forma societaria.

L’impresa familiare come progetto di continuità

L’impresa familiare è un modello di crescita che unisce legame umano e visione economica.

Dietro ogni azienda di famiglia c’è una storia di responsabilità condivise, di fiducia reciproca e di competenze tramandate.

Conoscere le regole che la tutelano significa preservarne il valore nel tempo e garantire continuità alle persone che la fanno vivere ogni giorno.

Se stai pensando di vendere la tua impresa familiare o di acquistare un’attività già avviata, è importante affidarsi a professionisti che conoscano da vicino le dinamiche di questo tipo di realtà.

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