Il crowdfunding ha rivoluzionato il modo in cui startup e piccole e medie imprese (PMI) possono finanziare progetti, idee e percorsi di crescita.
Fino a pochi anni fa, l’accesso al capitale per un’impresa era quasi esclusivamente legato ai canali tradizionali: banche, fondi di investimento o, per le realtà più fortunate, business angel e venture capital.
Oggi, invece, le imprese possono rivolgersi direttamente al pubblico, raccogliendo risorse finanziarie attraverso piattaforme online specializzate. Questo meccanismo permette non solo di ottenere fondi, ma anche di validare la propria idea di business, coinvolgere una community e aumentare la visibilità dell’iniziativa.
In Italia, il crowdfunding sta vivendo una crescita costante e si sta affermando come strumento strategico per diversi settori, dall’innovazione tecnologica al manifatturiero, passando per la sostenibilità ambientale, il sociale e persino l’immobiliare.
Secondo i dati più recenti, le campagne attive nel nostro Paese nel 2024 hanno generato raccolte per centinaia di milioni di euro, confermando l’interesse crescente sia da parte delle imprese sia degli investitori.
Il 2025 si preannuncia un anno di ulteriore consolidamento, grazie anche all’entrata in vigore del Regolamento Europeo ECSP, che uniforma le regole a livello europeo e apre nuove prospettive di mercato.
Questa guida si rivolge alle aziende e agli imprenditori che vogliono capire come funziona il crowdfunding, quali sono le tipologie disponibili, i vantaggi concreti, i passaggi necessari per lanciare una campagna efficace e come scegliere la piattaforma più adatta alle proprie esigenze. L’obiettivo è offrire una visione chiara e completa di uno strumento che, se ben utilizzato, può fare la differenza nel percorso di crescita di una PMI o di una startup italiana.
Indice dei contenuti
Cos’è il crowdfunding e perché è uno strumento utile per le aziende
Il termine crowdfunding è la crasi di due parole: “crowd” (folla) e “funding” (finanziamento). Il crowdfunding identifica un processo attraverso cui più persone contribuiscono, anche con importi modesti, a finanziare un progetto o un’impresa tramite piattaforme online.
La logica alla base di questo strumento è semplice quanto potente: ampliare la platea di potenziali finanziatori, superando i confini geografici e abbattendo le barriere di accesso al capitale tipiche dei sistemi finanziari tradizionali.
Il funzionamento di una campagna di crowdfunding prevede che l’impresa promotrice presenti il progetto su una piattaforma specializzata, descrivendo obiettivi, modello di business, piano di utilizzo dei fondi, tempistiche e benefici previsti per i finanziatori.
Gli utenti interessati possono così valutare la proposta e decidere se e quanto investire. L’operazione si conclude positivamente quando viene raggiunto (o superato) l’obiettivo minimo di raccolta previsto entro il termine stabilito.
Ma perché le aziende scelgono sempre più spesso il crowdfunding?
I motivi principali sono diversi e vanno ben oltre la semplice ricerca di fondi. Innanzitutto, consente di testare l’appeal del proprio progetto direttamente sul mercato. Se un numero sufficiente di persone è disposto a investire, significa che l’idea ha un potenziale reale. Inoltre, il crowdfunding permette di costruire una relazione diretta con una community di investitori o sostenitori che, oltre a finanziare il progetto, spesso diventano i primi clienti e i migliori ambasciatori dell’iniziativa.
Per molte aziende italiane, soprattutto startup e PMI, il crowdfunding rappresenta una vera e propria alternativa al credito bancario o all’ingresso di investitori istituzionali. Questo strumento si rivela particolarmente efficace per:
- finanziare l’avvio di un nuovo prodotto o servizio;
- supportare l’espansione commerciale o l’internazionalizzazione;
- attrarre l’attenzione di partner strategici e stakeholder;
- validare pubblicamente l’idea, migliorando la reputazione aziendale.
Un aspetto da non sottovalutare è anche l’effetto di marketing: una campagna di crowdfunding ben strutturata, promossa con cura attraverso canali digitali e media tradizionali, offre una visibilità che spesso va ben oltre la cerchia degli investitori e raggiunge potenziali clienti, collaboratori o altri soggetti interessati al progetto.
In Italia, l’adozione del crowdfunding è stata favorita sia da interventi normativi che ne hanno regolamentato l’utilizzo, sia dal progressivo consolidamento di piattaforme specializzate che hanno reso il processo più semplice, sicuro e accessibile anche per le PMI.
Tipologie di crowdfunding e differenze
Il crowdfunding non è un’unica formula valida per tutti, ma si articola in diverse tipologie, ciascuna pensata per rispondere a obiettivi e contesti differenti.
Per un’azienda che si avvicina a questo strumento è fondamentale comprendere le caratteristiche e le implicazioni di ciascun modello, in modo da scegliere quello più adatto alle proprie esigenze.
Le quattro tipologie principali riconosciute a livello internazionale e ormai consolidate anche in Italia sono: equity crowdfunding, lending crowdfunding (o crowdlending), reward crowdfunding e donation crowdfunding.
Equity crowdfunding
L’equity crowdfunding è la forma di crowdfunding più rilevante per le imprese, in particolare per le startup e le PMI innovative. Consiste nella raccolta di capitali attraverso la cessione di quote societarie o azioni dell’azienda a chi decide di investire.
In altre parole, gli investitori non ricevono un prodotto o un premio simbolico, ma diventano a tutti gli effetti soci dell’impresa, acquisendo diritti patrimoniali e, in alcuni casi, anche di voto.
Questo modello può dare due grandi vantaggi: da un lato permette di raccogliere capitali senza ricorrere al debito bancario o al venture capital; dall’altro consente di ampliare la base societaria coinvolgendo investitori diffusi e potenzialmente fidelizzati.
La normativa italiana, tra le prime in Europa a disciplinare l’equity crowdfunding (dal 2013 tramite Consob), stabilisce requisiti stringenti per garantire la trasparenza delle operazioni e la tutela degli investitori, imponendo la pubblicazione di informazioni dettagliate sul progetto, il business plan e i rischi connessi.
L’equity crowdfunding è consigliato alle aziende con:
- forte potenziale di crescita;
- un progetto scalabile e innovativo;
- capacità di attrarre l’interesse di investitori retail e professionali;
- volontà di condividere la governance o, almeno, una parte del capitale.
Lending crowdfunding (o crowdlending)
Il lending crowdfunding, noto anche come crowdlending, è un modello che si basa sulla concessione di prestiti da parte di privati all’impresa.
In pratica, gli investitori agiscono da finanziatori, anticipando somme di denaro che l’azienda si impegna a restituire entro un certo periodo, con l’aggiunta di un tasso d’interesse concordato. Si tratta quindi di una vera e propria operazione di debito, alternativa al classico finanziamento bancario o ad altro tipo di prestito per l’apertura di un’attività commerciale.
Il lending crowdfunding è particolarmente apprezzato dalle PMI che necessitano di liquidità senza voler cedere quote societarie.
A differenza dell’equity, questo modello prevede la restituzione del capitale investito, rendendolo interessante per investitori attratti da un ritorno economico certo, anche se moderato. Le piattaforme di lending operano in conformità alle disposizioni della Banca d’Italia e sono soggette a requisiti specifici per la gestione del rischio e la trasparenza.
Il lending è indicato per aziende:
- con una solidità finanziaria già dimostrabile;
- con esigenze di finanziamento medio-brevi;
- che preferiscono evitare la diluizione del capitale.
Reward crowdfunding
Il reward crowdfunding è probabilmente il modello più conosciuto al grande pubblico, grazie a piattaforme come Kickstarter o Produzioni dal Basso.
In questo caso, chi sostiene il progetto riceve una ricompensa proporzionata al contributo versato, che può essere un prodotto, un servizio o un benefit esclusivo. Non si tratta di un investimento in senso stretto, poiché non prevede un ritorno economico o una partecipazione societaria, ma piuttosto di un pre-acquisto o di un gesto di sostegno legato alla promessa di un premio.
Il reward crowdfunding è spesso utilizzato da:
- startup early-stage per validare un nuovo prodotto;
- imprese creative (moda, design, editoria, gaming);
- progetti sociali e culturali che puntano al coinvolgimento emotivo della community.
Il successo di una campagna reward dipende molto dalla capacità di raccontare l’idea in modo coinvolgente, presentare bene le ricompense e costruire una community attiva attorno al progetto.
Donation crowdfunding
Infine, il donation crowdfunding si basa su donazioni libere e non vincolanti, senza aspettativa di ritorno economico o materiale da parte dei sostenitori. Questo modello è tipico di progetti sociali, umanitari, culturali o di interesse collettivo.
È molto utilizzato da associazioni, ONG, imprese sociali, ma anche da PMI che desiderano sostenere cause benefiche o lanciare iniziative a impatto sociale positivo.
Piattaforme come GoFundMe, leader mondiale nel donation crowdfunding, hanno reso questo modello accessibile anche a piccole imprese che vogliono finanziare eventi, opere collettive o progetti solidali, facendo leva sul coinvolgimento e la sensibilità della community.
Vantaggi e limiti del crowdfunding per startup e PMI italiane
Per le startup e le PMI italiane, spesso alle prese con difficoltà di accesso al credito o con limitate opportunità di investimento, il crowdfunding è oggi un’opzione interessante e accessibile per finanziare progetti imprenditoriali. Ma, come ogni strumento finanziario, presenta sia vantaggi significativi che limiti da considerare attentamente prima di intraprendere una campagna.
I principali vantaggi del crowdfunding per le imprese italiane
Il primo e forse più evidente vantaggio è l’accessibilità.
A differenza di forme di finanziamento più selettive come il venture capital o i finanziamenti bancari, spesso riservati a un numero limitato di aziende o soggetti già strutturati, il crowdfunding consente anche a realtà giovani o a imprese di piccole dimensioni di accedere al mercato dei capitali.
La democratizzazione dell’investimento, infatti, permette di coinvolgere sia investitori professionali sia il pubblico generalista, con la possibilità di raccogliere anche piccoli importi distribuiti su una base molto ampia di finanziatori.
In secondo luogo, il crowdfunding permette di validare il progetto sul mercato prima ancora della sua piena realizzazione.
Una campagna di successo è una vera e propria prova di mercato: se le persone investono, il prodotto o il servizio proposto genera interesse e fiducia, confermando l’efficacia dell’idea. Questo vantaggio è particolarmente prezioso per le startup, che spesso devono dimostrare la propria capacità di attrarre clientela e generare trazione prima ancora di avere una piena operatività.
Un ulteriore elemento distintivo del crowdfunding è la capacità di costruire una community attorno all’azienda o al progetto.
Gli investitori che partecipano a una campagna, soprattutto in ambito equity o reward, spesso diventano i primi clienti, ambassador e sostenitori attivi dell’impresa, contribuendo anche in termini di passaparola e reputazione. In molti casi, questa relazione si mantiene anche oltre la chiusura della campagna, generando un legame che va oltre il semplice investimento finanziario.
Da non trascurare è poi l’effetto di visibilità che una campagna di crowdfunding ben costruita può generare. La promozione necessaria per attrarre investitori e la diffusione tramite canali digitali e media locali o nazionali contribuiscono a far conoscere il progetto a un pubblico molto più ampio rispetto ai soli investitori diretti, generando anche opportunità indirette (partnership, contatti commerciali, accesso ad altri finanziamenti).
Infine, in alcuni casi, il crowdfunding può rappresentare anche un’opportunità di posizionamento strategico. La partecipazione ad alcune piattaforme, specie quelle equity regolamentate, consente alle PMI di avvicinarsi a investitori professionali, business angel o fondi specializzati, che possono cogliere l’occasione per approfondire la conoscenza dell’azienda e avviare relazioni più strutturate.
I principali limiti da considerare
Nonostante i suoi benefici, il crowdfunding presenta anche alcune criticità che è bene valutare. Il primo limite riguarda la competitività: le piattaforme ospitano ormai centinaia di progetti e distinguersi non è affatto semplice. Senza una comunicazione solida, un posizionamento chiaro e una campagna di marketing strutturata, anche un buon progetto rischia di non raggiungere l’obiettivo.
Inoltre, il crowdfunding non è una fonte di finanziamento “gratuita”: la raccolta comporta costi diretti (commissioni di piattaforma, spese legali, produzione di materiali promozionali) e costi indiretti legati all’impegno in termini di tempo e risorse umane per la gestione della campagna, la produzione dei materiali, la comunicazione e il follow-up con gli investitori.
Altro elemento critico riguarda la trasparenza e l’esposizione: presentare un progetto in modo aperto al pubblico significa rivelare dettagli anche sensibili su business plan, strategie e obiettivi, informazioni che possono essere viste anche dai concorrenti.
Infine, è importante sapere che il crowdfunding non garantisce alcun successo. Raccogliere fondi non è scontato e, anzi, in Italia circa il 30-40% delle campagne non raggiunge l’obiettivo minimo. Le ragioni sono molteplici: mancanza di preparazione, errori nella definizione degli obiettivi di raccolta, sottovalutazione delle attività di promozione o scarsa fiducia da parte degli investitori.
Per questi motivi, prima di scegliere di lanciare una campagna di crowdfunding, ogni impresa dovrebbe condurre un’accurata valutazione interna, chiedendosi se:
- esiste una base di potenziali investitori o una community attivabile;
- il progetto è presentabile in modo chiaro e convincente;
- si dispone delle risorse (tempo, competenze e budget) per gestire in modo professionale la campagna;
- gli obiettivi economici sono realistici e raggiungibili.
Il crowdfunding, quindi, non è una “scorciatoia” al finanziamento tradizionale, ma una vera e propria strategia imprenditoriale che, se ben pianificata, può produrre benefici molto superiori alla sola raccolta di capitale.
Come si lancia una campagna di crowdfunding efficace
Organizzare una campagna di crowdfunding che porti a raggiungere l’obiettivo non significa semplicemente pubblicare un progetto su una piattaforma e attendere che gli investitori arrivino. Al contrario, richiede una pianificazione accurata, un lavoro preparatorio intenso e un’attività di promozione strutturata.
Chi considera il crowdfunding come una semplice raccolta fondi rischia di compromettere sin dall’inizio le probabilità di successo. Una campagna ben progettata, invece, può portare non solo alla raccolta del capitale desiderato, ma anche alla creazione di una community solida e di una reputazione duratura.
La fase di preparazione
Il successo di una campagna di crowdfunding si costruisce prima del suo lancio ufficiale. In questa fase, l’impresa deve definire in modo chiaro e trasparente il progetto da presentare: obiettivi economici, tempistiche, utilizzo dei fondi raccolti, business model, mercato di riferimento e vantaggi per gli investitori.
È fondamentale essere credibili e realistici: obiettivi troppo ambiziosi o vaghi rischiano di ridurre la fiducia degli investitori.
Altro passaggio cruciale è la selezione della piattaforma. Le piattaforme non sono tutte uguali: alcune sono focalizzate su specifici settori (tecnologico, immobiliare, sociale), altre si differenziano per tipologia di crowdfunding (equity, lending, reward o donation) o per target di investitori (professionali o retail). La scelta deve tenere conto di:
- caratteristiche del progetto;
- tipo di pubblico che si intende coinvolgere;
- requisiti regolamentari e procedurali richiesti dalla piattaforma;
- costi e commissioni applicate.
Durante la fase di preparazione è necessario anche predisporre tutta la documentazione richiesta (business plan, pitch deck, eventuali bilanci o piani di sviluppo) e curare la parte visuale della campagna (immagini, video pitch, grafiche) che sarà determinante per catturare l’attenzione.
Il lancio e la promozione
Una volta definita la struttura della campagna, si passa al lancio. Qui si gioca gran parte del risultato. Il crowdfunding non è mai solo una questione di numeri, ma anche (e soprattutto) di coinvolgimento emotivo e fiducia.
Gli investitori devono “credere” nel progetto prima ancora di valutarlo solo come opportunità finanziaria. Per questo motivo è indispensabile costruire una strategia di comunicazione efficace, basata su contenuti chiari, storytelling autentico e una narrazione che metta al centro il valore del progetto per la community.
Le attività fondamentali per promuovere una campagna di crowdfunding sono:
- creazione di un sito o landing page dedicata;
- attivazione di canali social e newsletter per coinvolgere pubblico e stakeholder;
- campagne pubblicitarie (Google Ads, Meta Ads) calibrate sugli obiettivi di raccolta;
- pubblicazione di comunicati stampa e contatti con i media di settore;
- attività di PR e networking con investitori, business angel e community di settore.
In questa fase è importante monitorare l’andamento della campagna, adattando strategia e messaggi in base alla risposta del pubblico. L’obiettivo è mantenere alta l’attenzione durante tutto il periodo di raccolta, spesso limitato a pochi mesi.
Dopo la raccolta: gestione e follow-up
Una volta conclusa la campagna e raggiunto (o superato) l’obiettivo di raccolta, l’attività dell’impresa non si ferma. La gestione del post-campagna è altrettanto importante. Per le campagne equity o lending, in particolare, l’azienda deve garantire:
- trasparenza e aggiornamento costante agli investitori sull’utilizzo dei fondi raccolti;
- rendicontazione dei risultati e dei progressi aziendali;
- gestione corretta dei rapporti con i nuovi soci o finanziatori.
Mantenere un rapporto di fiducia e coinvolgimento con la community di investitori può diventare un valore aggiunto che va ben oltre la singola raccolta. Un’azienda che comunica bene anche dopo il finanziamento avrà più probabilità di attivare ulteriori campagne in futuro o attrarre nuovi investitori per progetti successivi.
Le tempistiche
Da non sottovalutare i tempi. Una campagna efficace richiede mediamente:
- 2-3 mesi di preparazione;
- 2-4 mesi di raccolta attiva;
- un follow-up continuativo nei mesi successivi.
Ridurre la preparazione o accelerare i tempi solo per l’urgenza di raccogliere fondi spesso porta a risultati deludenti o a campagne che non raggiungono l’obiettivo minimo.
In sintesi, il crowdfunding può essere uno strumento potentissimo, ma va trattato come un vero progetto strategico, che coinvolge comunicazione, marketing, finanza e, soprattutto, la capacità dell’azienda di saper raccontare la propria visione e coinvolgere attivamente la community.
Chi può fare crowdfunding e chi può investire
Il crowdfunding è uno strumento estremamente flessibile, ma non sempre accessibile a tutte le tipologie di imprese o progetti.
Le regole di accesso dipendono sia dalla natura del progetto sia dalla tipologia di crowdfunding scelta. In Italia, le imprese che più frequentemente utilizzano questo strumento sono le startup e le PMI, con caratteristiche e finalità differenti a seconda che si tratti di equity, lending, reward o donation crowdfunding.
Nel caso dell’equity crowdfunding, possono accedere principalmente le società di capitali, quindi startup innovative, PMI, imprese sociali e, con l’estensione normativa più recente, anche le PMI tradizionali.
La legge italiana prevede requisiti minimi che l’impresa deve rispettare per poter lanciare una campagna: tra questi vi sono la forma giuridica, l’iscrizione nel registro delle imprese e, nel caso delle startup innovative, l’inclusione nella sezione speciale del registro delle startup. L’azienda deve inoltre garantire la produzione di una serie di documenti obbligatori, business plan, piano di raccolta, bilanci, informazioni sul team, da presentare agli investitori attraverso la piattaforma selezionata.
Per quanto riguarda il lending crowdfunding, l’accesso è generalmente consentito a PMI e società che abbiano già uno storico finanziario positivo e un profilo di rischio accettabile secondo i criteri della piattaforma di riferimento.
È importante ricordare che, in questa forma, l’azienda si impegna a restituire il capitale con l’aggiunta di interessi, rendendolo di fatto un prestito tra privati regolato da piattaforme vigilate dalla Banca d’Italia.
Nel reward e nel donation crowdfunding, invece, la platea di soggetti che possono lanciare una campagna è molto più ampia: non solo imprese e startup, ma anche associazioni, enti non profit, fondazioni e persino privati cittadini possono proporre progetti, a patto che rispettino le condizioni di utilizzo della piattaforma. Questa formula è spesso utilizzata per progetti a forte valore sociale, culturale o creativo, in cui l’obiettivo principale non è l’investimento in senso stretto, ma il sostegno collettivo a un’iniziativa.
Anche sul fronte degli investitori, il crowdfunding si caratterizza per un elevato grado di apertura e inclusività. Nell’equity e nel lending crowdfunding, possono investire sia soggetti professionali, come fondi di investimento, business angel, family office, sia investitori retail, ovvero persone fisiche non qualificate ma interessate a partecipare all’iniziativa.
Negli ultimi anni, le normative italiane ed europee hanno cercato di ampliare l’accesso al crowdfunding agli investitori non professionisti, pur mantenendo limiti di importo e regole di trasparenza per garantirne la tutela.
Un ruolo fondamentale è svolto dal nuovo Regolamento ECSP, pienamente operativo dal 2023, che ha uniformato a livello europeo le modalità di accesso sia per chi promuove campagne sia per chi investe, semplificando le procedure e aumentando l’affidabilità percepita da parte degli investitori. In particolare, l’ECSP ha favorito la possibilità per le PMI di proporre campagne cross-border, aprendosi così al mercato europeo in modo più fluido rispetto al passato.
Le principali piattaforme di crowdfunding in Italia (aggiornato al 2025)
Nel panorama italiano, il mercato delle piattaforme di crowdfunding si è evoluto rapidamente, passando da un’offerta limitata e frammentata a un vero e proprio ecosistema articolato e professionale.
Le piattaforme operano in modo differenziato in base alla tipologia di crowdfunding offerta e al target di progetti e investitori. Oggi, scegliere la piattaforma giusta è uno degli elementi strategici più importanti per il successo di una campagna.
Tra le piattaforme di equity crowdfunding più rilevanti spicca Mamacrowd, ad oggi la piattaforma leader in Italia per capitali raccolti, progetti lanciati e community di investitori. Mamacrowd è particolarmente orientata a startup innovative e PMI con progetti scalabili, offrendo anche servizi di advisory e supporto nella fase di costruzione della campagna.
A fianco di Mamacrowd troviamo Crowdfundme e Opstart, entrambe piattaforme autorizzate Consob e particolarmente attive sia nel segmento delle startup sia in quello delle PMI tradizionali. Opstart, in particolare, offre anche servizi accessori legati a minibond e lending, posizionandosi come uno degli operatori più versatili del mercato italiano.
Per quanto riguarda il lending crowdfunding, la piattaforma di riferimento è October, player europeo attivo anche in Italia che permette alle imprese di accedere a prestiti da investitori privati senza ricorrere al credito bancario tradizionale. October è apprezzata dalle PMI per la rapidità nei processi e per il modello peer-to-peer che facilita l’ottenimento di liquidità.
Nel campo del reward e del donation crowdfunding, due nomi spiccano per diffusione e risultati. Produzioni dal Basso, storica piattaforma italiana, è il principale punto di riferimento per progetti culturali, sociali e di impatto territoriale, utilizzata tanto da associazioni quanto da microimprese e startup sociali.
GoFundMe, piattaforma globale, ha consolidato una presenza significativa anche in Italia, diventando uno degli strumenti più utilizzati per campagne a sfondo benefico, sociale e comunitario, ma anche per iniziative private con forte legame con il territorio.
Nel 2025 il mercato si è ulteriormente evoluto grazie all’applicazione del Regolamento ECSP, che ha favorito l’ingresso di nuove piattaforme europee sul mercato italiano, migliorando la competitività e offrendo alle PMI maggiori possibilità di scelta per le proprie campagne di raccolta.
Normativa italiana ed europea sul crowdfunding
Dal punto di vista normativo, l’Italia è stata tra i primi Paesi europei a dotarsi di una regolamentazione specifica per il crowdfunding, in particolare per quanto riguarda la raccolta di capitali di rischio attraverso piattaforme online. La disciplina è affidata principalmente alla CONSOB e si applica alle piattaforme di equity crowdfunding, con regole stringenti in tema di trasparenza, requisiti informativi e tutela degli investitori. La normativa italiana prevede che ogni campagna debba presentare in modo chiaro business plan, destinazione dei fondi, rischi, struttura societaria e diritti degli investitori.
Nel 2023 è entrato pienamente in vigore il nuovo Regolamento Europeo ECSP (European Crowdfunding Service Providers), che ha introdotto un quadro normativo armonizzato per tutti i Paesi membri. Il regolamento ha uniformato requisiti, autorizzazioni e procedure, consentendo alle piattaforme di operare in regime di “passaporto europeo”, aprendo così nuove opportunità per le aziende italiane che desiderano raccogliere fondi anche da investitori di altri Paesi UE.
Dal punto di vista fiscale, le somme raccolte attraverso il crowdfunding sono considerate a tutti gli effetti investimenti o finanziamenti e vanno quindi gestite secondo le regole vigenti. Per l’equity, gli investitori possono beneficiare di detrazioni fiscali specifiche previste per startup e PMI innovative. Per il lending, gli interessi percepiti dagli investitori sono soggetti a tassazione ordinaria come redditi di capitale.
L’effetto combinato tra la normativa nazionale e il nuovo quadro europeo rende oggi il crowdfunding uno strumento sicuro e regolamentato, sia per le imprese sia per gli investitori, favorendo una maggiore diffusione di questo strumento anche tra le PMI tradizionali.
Best practice ed errori comuni
Analizzando le campagne di crowdfunding italiane più efficaci emerge chiaramente che il successo non dipende solo dalla bontà del progetto o dal settore di appartenenza, ma soprattutto dalla capacità di pianificare, comunicare e coinvolgere il pubblico.
Tra le best practice più ricorrenti spicca l’importanza della preparazione: le campagne che ottengono risultati significativi dedicano settimane, se non mesi, alla creazione di una community attorno all’azienda e al progetto, ben prima del lancio ufficiale.
Altre buone pratiche riguardano la qualità dei contenuti: video pitch professionali, materiali informativi trasparenti e coinvolgenti, aggiornamenti regolari durante la campagna e la capacità di rispondere in modo tempestivo ai dubbi degli investitori. Le campagne vincenti curano inoltre il marketing digitale, utilizzando strategicamente social media, PR e partnership per ampliare il proprio raggio d’azione e attrarre potenziali finanziatori anche al di fuori della cerchia immediata di clienti o simpatizzanti.
Tra gli errori più frequenti, invece, si segnalano:
- obiettivi di raccolta irrealistici;
- scarsa o assente comunicazione prima e durante la campagna;
- mancanza di un piano operativo chiaro per l’utilizzo dei fondi;
- assenza di una community di partenza su cui fare leva.
Tendenze 2025 e prospettive future
Nel 2025, il crowdfunding continua a consolidarsi come uno strumento flessibile e strategico non solo per startup e progetti innovativi, ma anche per imprese già esistenti che cercano capitali per espandersi, rinnovarsi o cambiare gestione.
La possibilità di attivare raccolte fondi attraverso piattaforme regolamentate sta diventando sempre più una leva interessante anche per operazioni di acquisto e rilancio di attività commerciali. In diversi settori, retail, hospitality, servizi, si moltiplicano i casi di attività esistenti che, attraverso campagne di crowdfunding, raccolgono risorse da clienti, investitori locali o community di settore, spesso generando un forte coinvolgimento territoriale e un posizionamento distintivo.
Per chi si occupa di M&A, di acquisizioni o di imprenditoria locale, il crowdfunding può rappresentare non solo uno strumento finanziario, ma un vero motore per costruire consenso attorno al rilancio di un’impresa.
Rispetto alle startup, le attività già esistenti possono contare su asset tangibili: clienti abituali, reputazione consolidata, posizione commerciale, relazioni con il territorio. Elementi che, se ben comunicati, possono diventare determinanti per il successo di una campagna di raccolta fondi.
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