Sempre più coppie scelgono di unire vita privata e lavoro, condividendo non solo un progetto di famiglia ma anche un progetto d’impresa.
Nasce così l’impresa coniugale, una formula giuridica che consente ai coniugi di gestire insieme un’attività economica, partecipando agli utili e alle decisioni secondo regole precise.
Pur essendo strettamente legata al concetto di impresa familiare, l’impresa coniugale ha caratteristiche proprie.
Indice dei contenuti
Cos’è un’impresa coniugale
L’impresa coniugale è l’attività economica gestita da uno o entrambi i coniugi durante il matrimonio, quando la coppia è in comunione legale dei beni.
È disciplinata dagli articoli 177 e seguenti del Codice Civile, che definiscono quali beni entrano nella comunione e come vengono gestiti i guadagni e gli incrementi patrimoniali derivanti dall’attività d’impresa.
In pratica, anche se uno solo dei due coniugi è formalmente titolare dell’attività, entrambi partecipano alla comunione dei beni e agli utili maturati, almeno in parte.
Questo perché il diritto italiano riconosce che il lavoro e il contributo di entrambi, sia esso diretto o indiretto, concorrono alla crescita dell’azienda.
Un esempio classico è quello di una coppia che gestisce un negozio, una piccola impresa artigiana o un’attività commerciale dove entrambi i coniugi partecipano in modo costante, anche se solo uno figura come imprenditore principale.
Come funziona un’impresa coniugale
Il funzionamento dell’impresa coniugale dipende dal regime patrimoniale scelto dai coniugi.
Se la coppia è in comunione legale, tutto ciò che viene prodotto durante il matrimonio, inclusi utili, risparmi e beni acquistati, entra nella comunione de residuo, ovvero diventa di proprietà comune solo al momento dello scioglimento della comunione (ad esempio in caso di separazione o morte).
Nel dettaglio:
- il coniuge imprenditore è la persona che gestisce l’attività e ne risponde giuridicamente verso terzi;
- il coniuge collaboratore partecipa al lavoro o contribuisce in modo indiretto (gestione, contabilità, supporto operativo o familiare).
Alla cessazione del regime di comunione, i beni residui dell’impresa, cioè quelli ancora esistenti, si dividono in parti uguali tra i due coniugi.
Si tratta, appunto, della comunione de residuo, che tutela anche il coniuge che non ha una partecipazione formale nell’attività ma che ha contribuito alla sua crescita.
Il regime cambia completamente se la coppia adotta la separazione dei beni: in quel caso, l’impresa resta di proprietà esclusiva del coniuge titolare, salvo prova di contributi diretti da parte dell’altro.
Differenze tra impresa coniugale e impresa familiare
Le due forme vengono spesso confuse, ma presentano differenze giuridiche e sostanziali.
L’impresa familiare (art. 230-bis c.c.) coinvolge più membri della famiglia, non solo i coniugi, e riconosce ai collaboratori familiari il diritto a una quota di utili e di partecipazione alle decisioni.
L’impresa coniugale, invece, si fonda esclusivamente sul rapporto tra marito e moglie (o uniti civilmente) e sul regime di comunione dei beni.
Ecco un confronto:
| Aspetto | Impresa coniugale | Impresa familiare |
| Soggetti coinvolti | Solo i coniugi | Coniugi, figli, parenti entro il 3° grado e affini entro il 2° |
| Fonte normativa | Art. 177 c.c. (comunione legale) | Art. 230-bis c.c. |
| Diritti patrimoniali | Comunione de residuo sugli utili e beni residui | Quota diretta di utili e decisioni di gestione |
| Responsabilità | Solo il coniuge titolare verso i terzi | Solo il titolare, ma con diritti partecipativi dei familiari |
| Oggetto tipico | Attività gestite in coppia | Attività con più membri familiari |
Vantaggi e limiti dell’impresa coniugale
La gestione coniugale di un’attività presenta diversi vantaggi:
- condivisione di obiettivi e valori;
- fiducia reciproca e maggiore coesione;
- possibilità di ottimizzare risorse e carichi di lavoro;
- accesso a semplificazioni fiscali in alcune forme di collaborazione;
- tutela economica del coniuge non formalmente titolare.
Ma esistono anche limiti e criticità:
- difficoltà nel separare la sfera affettiva da quella professionale;
- rischio di conflitti in caso di crisi coniugale;
- confusione nella gestione dei beni e delle responsabilità verso terzi;
- necessità di chiarezza su ruoli e contributi fin dall’inizio.
Per queste ragioni, è fondamentale che entrambi i coniugi conoscano le implicazioni legali e fiscali della loro collaborazione e valutino la forma più adatta alla propria situazione.
Sul marketplace di B2Scout, ad esempio, non mancano casi che raccontano bene entrambe le facce di questa realtà.
Una coppia di ristoratori di Bologna, dopo vent’anni di attività gestita in comunione, ha deciso di vendere l’azienda per avviare un nuovo progetto insieme. La forma coniugale ha permesso una cessione rapida e trasparente, grazie a una chiara ripartizione degli utili e delle responsabilità.
Diverso il percorso di due artigiani del settore moda che, dopo una separazione, hanno dovuto sciogliere l’impresa coniugale e ridefinire i diritti sui beni residui: la mancanza di accordi preventivi ha rallentato la valutazione e la vendita.
Sono esperienze che mostrano quanto sia utile definire regole chiare fin dall’inizio, soprattutto quando la vita privata e quella professionale coincidono.
Aspetti fiscali e contributivi
Dal punto di vista fiscale, l’impresa coniugale segue le stesse regole dell’impresa individuale, ma con alcune peculiarità.
Il coniuge non titolare che collabora stabilmente può essere iscritto come coadiuvante familiare INPS, accedendo alla copertura previdenziale.
Gli utili prodotti dall’attività rientrano nel reddito complessivo dell’impresa, ma al momento dello scioglimento della comunione vengono ripartiti in base alla comunione de residuo.
In caso di separazione dei beni, invece, gli utili e i beni aziendali restano interamente al titolare.
Scioglimento e successione dell’impresa coniugale
L’impresa coniugale può cessare o trasformarsi in diverse situazioni:
- separazione o divorzio, con divisione dei beni residui;
- decesso di uno dei coniugi, con subentro degli eredi;
- trasformazione in impresa familiare o individuale.
Alla fine della comunione, i beni residui e gli utili non distribuiti vengono ripartiti tra i coniugi in parti uguali, come previsto dalla comunione de residuo.
È importante gestire questa fase con attenzione, per evitare contenziosi e garantire una corretta valutazione dell’impresa.
Quando conviene scegliere l’impresa coniugale
L’impresa coniugale conviene quando:
- entrambi i coniugi contribuiscono attivamente all’attività;
- la gestione condivisa è un valore aggiunto (es. negozi, studi, attività artigiane);
- la coppia si trova in comunione legale e desidera una tutela economica reciproca.
Non è invece consigliata se si prevede un’attività con forte esposizione finanziaria o partecipazioni esterne: in questi casi può essere più adatta una società o un’impresa familiare più strutturata.
In termini pratici, il momento giusto per scegliere questa formula è prima dell’avvio o del passaggio di un’attività, quando si possono ancora valutare:
- la sostenibilità economica del progetto in coppia;
- il regime patrimoniale più adeguato (comunione o separazione dei beni);
- la gestione dei rischi e delle responsabilità.
Su B2Scout è possibile confrontare casi reali di imprese a conduzione familiare e coniugale, valutare come sono state strutturate e ottenere supporto per capire quale forma giuridica tuteli meglio il proprio percorso imprenditoriale.
Prima di avviare un’impresa coniugale è utile valutare con un consulente la forma più adatta in base al regime patrimoniale, al tipo di attività e agli obiettivi futuri.
Domande frequenti sull’impresa coniugale
Chi è titolare dell’impresa coniugale?
Il coniuge che ha aperto l’attività è il titolare formale, ma in comunione legale gli utili e i beni rientrano nella comunione de residuo.
Che differenza c’è tra impresa familiare e impresa coniugale?
La prima coinvolge più membri della famiglia, la seconda solo i coniugi e si basa sul regime patrimoniale del matrimonio.
Cosa succede all’impresa coniugale in caso di separazione?
Gli utili e i beni residui maturati durante il matrimonio si dividono in parti uguali, salvo patti diversi o separazione dei beni.
Chi risponde dei debiti dell’impresa coniugale?
Solo il coniuge titolare risponde verso terzi, ma gli eventuali beni comuni possono essere coinvolti nella misura prevista dalla legge.
Quando conviene costituirla?
Quando entrambi i coniugi partecipano stabilmente all’attività e desiderano una forma di tutela patrimoniale reciproca.
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Un’attività gestita in coppia è un progetto di fiducia, ma anche una realtà economica che richiede equilibrio tra aspetti personali e professionali.
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